Fabrizio Dusi, Survival
Installazione curata da Sharon Hecker
CBM & Partners, 4 giugno 2019

Cominciamo dove ha cominciato Fabrizio Dusi, con la coperta isotermica, c.d. “coperta di sopravvivenza”, nota a tutti noi per le emergenze, e impressa nella nostra mente dalle immagini dei soccorsi alpini, degli immigrati che emergono fradici e affamati dal mare, da incidenti stradali, dopo le maratone, ecc.

È un materiale formato da due strati, uno argentato e uno dorato: la superficie dorata lascia penetrare facilmente i raggi solari, mentre quella argentata tende a riflettere gli stessi raggi. È una coperta molto speciale. È impermeabile al vento e all’acqua, ed è leggerissima. È usata anche per l’esterno delle navi spaziali (infatti fu inventata dalla NASA nel 1964) e funziona anche come segnale di soccorso per chi cerca le persone perse.

È quindi un materiale di protezione. Protegge contro i traumi, le ustioni, le ipotermie. Con il suo spessore molto leggero, simile a quello della carta stagnola in alluminio, è facile da stendere sulle persone e non crea increspature.
In questa installazione, Dusi ha creato con la coperta termica dei mattoncini, una parete che non è una parete, sottile e fragile. A 30 anni dal crollo del muro di Berlino, Dusi gioca con l’idea di un muro apparentemente solido ma che si rivela precario, sottile, e si muove con il vento.

Il materiale ha anche un significato più grande per Dusi: serve a proteggere e permettere a una persona di sopravvivere, di dare calore (che per Dusi è la prima cosa – più dell’aria e del cibo).

Così, Dusi collega l’idea di survival all’idea della protezione e della necessità di dare calore.
Infine, per Dusi, sopravvivere non è solo un bisogno primario e primitivo, ma collegato a molto altro: la politica, la condizione sociale, la metropoli, la psicologia, il pianeta…È un concetto molto attuale nella nostra coscienza. Il movimento della coperta al vento sembra precario, instabile, fragile. Così come è precaria la nostra sopravvivenza, anche quando ci sentiamo relativamente sicuri.

Riflette la luce…
Da molto tempo, Dusi dimostra interesse per la sopravvivenza. I colori oro e nero provengono da un suo precedente lavoro realizzato per un’altra mostra curata da me e Chiara Gatti. In quel caso, aveva realizzato una stella ebraica gialla dell’Olocausto su uno sfondo nero, facendo convivere luce e ombra in un’opera che tocca la questione della sopravvivenza degli ebrei di fronte a una forza maggiore. Le due opere ricordano che la sopravvivenza è sempre discutibile.
Il calore, l’amore e, per Dusi, soprattutto la protezione sono elementi necessari per dare speranza. E a proposito di protezione, in fondo, è qualcosa su cui gli avvocati sanno molto.

Sharon Hecker

Sharon Hecker

Fabrizio Dusi