Le sentenze nn. 6170 e 6171 pubblicate giovedì dal T.A.R. Lazio – sez. Roma – che hanno annullato le nomine dei responsabili dei musei archeologici di Taranto, Reggio Calabria, Napoli, nonché dei responsabili delle Gallerie Estensi di Modena e Palazzo Ducale di Mantova, sono destinate a far discutere.

Infatti, con le citate pronunce, i giudici amministrativi hanno di fatto bocciato la riforma voluta da Ministro del MiBACT Franceschini nel 2014, finalizzata a dare ai musei italiani un’impronta più internazionale.

Secondo il T.A.R., l’irregolarità principale della riforma voluta da Franceschini riguarda proprio la nazionalità straniera delle persone che hanno partecipato al concorso (e che in alcuni casi l’hanno vinto): secondo i giudici la legge italiana vieta che incarichi così delicati siano assegnati a persone non aventi la cittadinanza italiana.

La procedura straordinaria per scegliere i direttori dei musei “di rilevante interesse nazionale” è contenuta nel decreto legge 83 del 2014, poi convertito nella legge 106 del luglio 2014.

Per i musei e istituti interessati, il governo si è impegnato a scegliere “persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di istituti e luoghi della cultura”.

Nel decreto legge ha fatto seguito una deroga al comma 6 dell’articolo 19 del decreto legge 165 del 2001, che ha previsto diversi parametri per l’assunzione di personale esterno alla pubblica amministrazione per la gestione dei beni cultuali.

Secondo i giudici del T.A.R. il decreto del 2014 non ha previsto una deroga l’art. 38 del decreto del 2001, che ha limitato l’assunzione di personale straniero. Al comma 1 di questo articolo si legge infatti che:

“I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea (e i loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente) possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale”.

Secondo il T.A.R., dato che il decreto legge del 2014 non ha previsto una deroga esplicita all’articolo 38 del decreto del 2001, le misure che impediscono la nomina di persone straniere per incarichi di “tutela dell’interesse nazionale” restano valide.

Il T.A.R. ha censurato anche la modalità di colloquio orale e il punteggio assegnato ai candidati per accedere alla fase finale della selezione. Sulla prima questione, i giudici amministrativi hanno contestato che i colloqui orali della commissione non fossero aperti, soprattutto agli altri candidati (alcuni dei colloqui sono inoltre avvenuti su Skype, alla presenza dei soli membri della commissione). In merito alla seconda, il T.A.R ha invece contestato la “magmatica riconduzione” del punteggio ottenuto da ciascun candidato a una specifica “classe” in cui veniva inserito prima del colloquio orale. In pratica, i candidati che fino a quel momento avevano ottenuto un punteggio da 15 a 20 (il massimo) venivano ammessi alla classe A, la più alta, i candidati che avevano ottenuto da 11 a 14 punti nella classe B, e così via. Il TAR ha ritenuto queste “classi” inutili, dato che “il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame esprime e sintetizza il giudizio tecnico-discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti”.

Le sentenze sono state criticate da più parti.

Ad esempio, Sabino Cassese, giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale, ha sostenuto il fatto che “il diritto europeo consente la nomina di cittadini stranieri come direttori di musei anche statali” .

Come era logico attendersi, il Ministro Franceschini – che ha commentato le decisioni del T.A.R. come una grave “figuraccia internazionale” – ha già annunciato l’intenzione del MiBACT di impugnare le sentenze davanti al Consiglio di Stato.

 

Avv. Lorenzo Grassano

Studio Legale CBM & Partners